mercoledì 25 febbraio 2004

Rita Levi Montalcini al Mart di Rovereto

L'Adige 25.2.04
La vera lezione di Rita Levi Montalcini al Mart:
«Giovani, fate funzionare il cervello»
Poi racconta la sua battaglia in favore delle donne africane
Di CORONA PERER


E´entrata sul palcoscenico dell´Auditorium Melotti da sola, quasi in punta di piedi come chi voglia passare inosservata. Minuta e ossuta com´è, è sembrato che l´applauso partito dalla platea potesse travolgerla. E allo stesso tempo sorprenderla. Si è così fermata salutando amabilmente il pubblico, quasi imbarazzata da tanto calore.
In realtà è stata lei a sorprendere il pubblico con il suo umorismo e la sua simpatia dall´alto di 95 anni portati splendidamente, con una classe e un´eleganza invidiabili.
Per la verità gli anni di Rita Levi Montalcini sono ancora 94 (è nata il 22 aprile del 1909) ma alle sue 95 primavere ha voluto lei stessa fare un esplicito riferimento a circa metà del suo intervento, un´ora abbondante nella quale ha parlato a braccio. Riferendosi ad un secolo di vita nel quale ha dovuto fare i conti anche con l´ostracismo delle leggi razziali, ha provocato uno scrosciante secondo applauso.
«Non è un merito - si è subito schernita - è solo un privilegio avere 95 anni. Ho molte difficoltà alla vista a causa di una maculopatia: fate conto che non vedo nemmeno le diapositive che vi sto proiettando, ma non ho l´Alzheimer! E questo perché faccio funzionare il cervello. Morirò d´altro, ma non di Alzheimer!» ha aggiunto il Premio Nobel che ha poi rivolto ai giovani un accorato invito. «Sapete cosa dico sempre? Fate lavorare il vostro cervello, utilizzatelo al meglio, fatelo lavorare al massimo, ma non per il potere! Quando piuttosto per la gioia immensa di fare funzionare questa macchina meravigliosa. Io ho lavorato con tale gioia e passione che non mi preoccupavo affatto di quello si stava dicendo in giro per l´Europa sulla inferiorità della mia razza».
Rita Levi Montalcini, nata a Torino, dove si laureò nel 1936 in Medicina e Chirurgia per poi proseguire gli studi come ricercatrice in neurobiologia e psichiatria, fu infatti costretta nel 1938 a lasciare l´Università a causa della promulgazione del manifesto della razza. Continuò le sue ricerche in un piccolo laboratorio casalingo e poi fu costretta a lasciare l´Italia. Fu la Svizzera ad offrirle per prima l´opportunità di pubblicare quegli studi che l´avrebbero portata anni dopo, negli Stati Uniti, a scoprire il fattore della crescita, per gli addetti ai lavori l´NGF. Grazie a questi studi le arrivò da Stoccolma il conferimento del Premio Nobel per la medicina. Era il 1986. Ci arrivò studiando un embrione di pollo nel quale era stato trapiantato il tumore di un ratto adulto.
«Fu in quegli anni che potei capire ed apprezzare l´ospitalità degli americani grazie ai quali ebbi la fortuna di studiare come funzionava il sistema nervoso. Vedete, noi parliamo oggi di fuga di cervelli. Ma il problema è che qui non si va avanti per merito, qui si va avanti solo appartenendo a gruppi di potere». E ha poi aggiunto altre interessanti valutazioni. La ricerca in Italia? «Eccellente. Quando sono ritornata dopo 30 anni di Stati Uniti sono rimasta stupita dall´impegno dei giovani, malgrado la differenza che esiste nei mezzi a disposizione. L´Italia ha eccellenti ricercatori, quello che mancano sono i finanziamenti. E´ importante credere nella ricerca. Anche le imprese devono crederci. Due anni fa grazie alla Ambrosetti sono riuscita ad aprire un centro a Roma nel quale tento solo di far tornare i cervelli italiani. In Italia quello che manca è premiare il merito. Le imprese farmaceutiche andavano bene qualche anno fa, ma anche loro hanno perso fiducia e c´è poca sinergia con il mondo universitario. Spero che le industrie si rendano conto di quanto importante sia investire nello human capital».
Rita Levi Montalcini ha poi raccontato in un appassionante affresco che abbracciava un secolo di lavoro e di ricerca, quanto sognasse allora di tornare in Italia. Ma solo in America si potevano fare studi sul cervello. «Il ´900 è stato il secolo dello studio sul cervello. Oggi sappiamo molto, eppure è ancora molto poco ciò che conosciamo dell´organo più importante del nostro corpo. Le neuroscienze hanno enormi possibilità se si dà la possibilità ai giovani di tornare in Italia» ha detto il premio Nobel ,che ha ribadito come i giovani siano oggi il suo capitolo di lavoro più importante.
«Sono parecchi i giovani ai quali io come studiosa devo dire grazie. Ora che non posso più continuare a fare ricerche e che la mia vita non mi consente più di stare tra i banchi mi dedico alle due uniche grandi missioni della mia vita: aiutare il rientro in Italia di chi ha capacità e aiutare le donne del continente africano ad avere un´istruzione. Oltre alla piaga dell´infibulazione e dell´Aids, a loro non è concesso studiare, ma ci sono molte donne che hanno qualità eccellenti e che con la formazione a distanza possono aiutare il mondo con il loro sapere».
Rita Levi Montalcini ha lasciato ammutolita la platea quando ha fatto capire che malgrado tante ricerche e anche tante soddisfazioni in realtà sono proprio queste le due cose più importanti tra quelle realizzate nella sua vita. Il suo è stato un autentico appello. «Dico sempre: bastano 5 euro per far studiare una donna africana. Il mio sogno è che queste donne umiliate, private del diritto allo studio e oppresse nel continente africano, possano studiare».
Una lectio magistralis di vera umanità giunta alla fine di un intervento durato oltre un´ora, tutto a braccio e in piedi, dall´ambone sul quale era steso il drappo del Rotary Distretto 2060 al quale si deve indubbiamente il merito di aver regalato ieri a Rovereto due ore di grande scienza. E una grande lezione di umanità.