mercoledì 28 aprile 2004

lo sguardo, il vedere, il potere:
Umberto Curi a Firenze

Repubblica Ed. di Firenze 28.4.04
La filosofia come visione il libro di Umberto Curi
Dalla Grecia classica a Orwell l'eterno primato della vista


Una pluralità di testi occidentali che confermano la relazione che esiste fra potere e vedere
Consegnato a miti, filosofie, letterature e arti, il primato della vista si identifica da sempre con il possesso del sapere e l'esercizio del potere. Se in greco antico il lessico del vedere e quello del conoscere sono tutt'uno, e per Platone è "filosofo" chi ama "lo spettacolo della verità", l'equivalenza di teoria e visione che fonda la metafisica occidentale non ha nulla del dato acquietante, anzi si configura come una dolorosa drammaturgia. In un libro che compie un'escursione dalla tragedia a Freud e Orwell, Umberto Curi, storico della filosofia, ospite di "Leggere per non dimenticare" oggi alla Biblioteca comunale (via Sant'Egidio 21, ore 17.30) indaga le ragioni che rendono lo sguardo così potente. Introducono Bruno Accarino e Fabrizio Desideri.
Il testo spazia, in un ampio percorso, dalla mitologia greca a Jeremy Bentham, dal saggio di Freud sul perturbante fino al Big Brother: dalle prime pagine ho scelto le righe che anticipano come il vedere sia sempre carico di potere.
"Nel mondo greco classico, la superiorità della vista rispetto agli altri sensi, e in particolare rispetto all'udito, risulta immediatamente dalla sostanziale identità sussistente fra i termini che designano forme e contenuti del vedere e del conoscere. Direttamente dalla radice greca, o più spesso attraverso la mediazione della lingua latina, quest'uso sopravvive ed è largamente diffuso nelle lingue moderne, dove ciò che è originariamente pertinente alla visione diventa ben presto anche requisito della conoscenza. Così è, ad esempio, per termini italiani come la "chiarezza" o la "perspicuità", o (ancor più nettamente) l'"e-videnza", o per coppie oppositive come "brillante-oscuro", o per metafore come "panoramica" o "illuminazione". Il privilegiamento dell'universo del vedere può essere attribuito ad una convinzione che è profondamente radicata nella tradizione occidentale, fin dalle sue origini nella Grecia arcaica, e che raggiunge poi, sebbene attraverso un itinerario non lineare e assumendo forme differenti, l'età moderna e contemporanea. È possibile attraversare la storia della cultura occidentale soffermandosi su alcune "stazioni", nelle quali più evidente, oltre che teoreticamente più significativo, è l'emergere della forza dello sguardo. Non si tratta soltanto di alcuni importanti documenti del grande repertorio mitologico antico, come quelli riguardanti l'enigmatica figura della Medusa o l'esemplare vicenda del pastore Gige, ma di una pluralità di altri testi - letterari e filosofici, figurativi e cinematografici - i quali pure testimoniano, se adeguatamente interrogati, la persistenza della concezione che riconosce l'inerenza del potere nell'esercizio stesso del vedere. Testi filosofici come la Repubblica di Platone o il Panopticon di Bentham, ma anche scritti come quelli di Freud o il romanzo di Orwell sul Big Brother, possono essere interpretati in questa chiave".

Umberto Curi: La forza dello sguardo, ed. Bollati Boringhieri 2004 € 25,00